Quando il calcio si spaccò in due: la SuperLega dimenticata del 1921 - When Football split in Two: The forgotten Super League of 1921
Vittorio Pozzo. SconosciutoUnknown author, Public domain, da Wikimedia Commons
Immagine di fondo creata con Freepik

Quando si parla di SuperLega la mente pensa inevitabilmente a fatti recenti. Tuttavia, pochi sanno che una “lega dei ricchi” in Italia c’è già stata, oltre cento anni fa…
Prima che si arenasse, svanendo apparentemente nel nulla, il progetto di dare vita ad una SuperLega europea, alternativa alle competizioni dell'UEFA ed in grado di riservare un posto a tutti i Top Club del Vecchio Continente, è stato capace di scuotere nelle fondamenta molti dei princìpi che hanno governato il calcio.
Sentenze storiche hanno sancito come l'UEFA abbia agito per anni in regime di monopolio e che in futuro la stessa organizzazione presieduta dallo sloveno Ceferin non potrà opporsi in alcun modo alla nascita di nuovi tornei, né sanzionare i club o i giocatori che decidessero di farne parte.
Una novità destinata, presto o tardi, a stravolgere il mondo del calcio, ma che forse non tutti sanno avere un clamoroso precedente, risalente ad oltre un secolo fa, quando venne creata una vera e propria Super Lega in salsa italiana.
Alexander Ceferin, attuale presidente dell'UEFA. Steffen Prößdorf, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons
Il massimo campionato italiano di calcio della stagione 1920-21 aveva visto la partecipazione di ben 88 squadre. Esse erano suddivise in una pletora di tornei di qualificazione locali, volti ad eleggere, alla fine di tutti i percorsi, le finaliste chiamate a contendersi lo scudetto.
Le grandi squadre del Nord, quali Juventus, Inter, Milan, Genoa e Pro Vercelli, erano da tempo sul piede di guerra nei confronti della FIGC. Chiedevano una drastica diminuzione delle società coinvolte nel campionato, al fine di eliminare le "inutili" partite dei tornei preliminari e concentrarsi solo sulla fase finale.
In un'incredibile anticipazione dei tempi moderni, le big del nostro campionato avevano compreso come assistere a Genoa-Milan o Juventus-Inter si rivelasse completamente diverso, in termini di interesse del pubblico e guadagni, rispetto a scontri con meno appeal, del calibro di Mantova-Livorno o Valenzana-Biellese.
Nell'assemblea tenutasi a Torino il 24 luglio 1921, Vittorio Pozzo, già CT della nazionale italiana e in quel momento allenatore del Torino, su mandato della FIGC rese pubblico il suo piano di riforma per il calcio italiano, che prevedeva l'eliminazione di tutti i tornei regionali di qualificazione e la riduzione della massima serie, definita "Prima Divisione", a sole 24 squadre, divise in due gironi da 12.
Il piano riscosse il pieno appoggio delle 24 maggiori realtà calcistiche nazionali, che a Milano avevano nel frattempo siglato un patto: nel caso in cui l'assemblea FIGC avesse approvato la riforma proposta da Pozzo, sarebbe toccato a loro dar vita alla "Prima Divisione" della stagione successiva.
Carlo Bigatto, capitano della Juventus. Immagine di pubblico dominio
Tuttavia, questa proposta non poteva essere accettata da tutte le altre, che contestavano, oltre all'auto-proclamazione avvenuta nel "Patto di Milano", anche i criteri di promozione e retrocessione, secondo i quali a salire nella categoria superiore al termine della stagione sarebbe toccato ad un solo club, la vincitrice del campionato di Promozione (una sorta di Serie B dell'epoca, allargata a 48 squadre).
E così, in un clima piuttosto rovente, l'assembla della FIGC rispedì il piano Pozzo al mittente, con 113 voti contrari a fronte di soli 65 favorevoli. Quello che veniva contestato non era tanto il progetto in sé, ma i metodi con i quali i Top Club avevano scelto di autoproclamarsi partecipanti al campionato principale, in virtù del loro blasone ed in barba agli ultimi risultati sportivi.
Squadre come il Brescia o il Verona ad esempio, erano state eliminate prematuramente dall'ultimo torneo, ma pretendevano ugualmente di far parte dell'élite che avrebbe dato vita al campionato più importante, mentre altre come la Novese o il Pisa sarebbero state escluse anche a fronte di un ottimo cammino.
Eltarietà contro meriti sportivi, un dilemma vecchio cento anni, al quale all'epoca provò a porre rimedio il presidente della FIGC, Luigi Bozino. La proposta di mediazione prevedeva un torneo a 36 squadre per una sola stagione, per includere le formazioni che si erano comportate meglio nell'ultimo campionato, da ridurre a 24 a partire dall'anno successivo.
La Novese, stagione 1921-22. Immagine di pubblico dominio
L'idea sembrava ragionevole ma le 24 del "Patto di Milano" resistettero, senza voler sentire ragioni e decisero così per una clamorosa scissione, dando vita alla Confederazione Calcistica Italiana.
Nella stagione 1921-22 si tennero pertanto due tornei: il primo, organizzato dalla FIGC e vinto dalla Novese, e il suo gemello parallelo della CCI, una sorta di Super Lega con tutte le grandi squadre italiane, poi vinta dalla Pro Vercelli.
Le cose si sistemarono dopo appena un anno, quando la scissione rientrò e il campionato tornò ad essere unico e gestito dalla FIGC, con 36 squadre divise in tre gironi.
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Hello @frafiomatale hope you are well. This was a really interesting read. It shows how the tension between sporting merit and the prestige of the big clubs is not a modern thing but has existed for over a century. The story of Noves winning the FIGC tournament while running the Super League in parallel with the top clubs is almost a reflection of the current debate in football. Ultimately, history reminds us that it is always difficult to strike a balance between merit and tradition, but that is what makes football authentic. Thanks for sharing such an insightful piece of football history. This is a game that I look forward to watching and any news related to it actually increases my interest in reading.
It is incredible to note how, even a century later, some dynamics in the world of football have remained virtually unchanged.
The big clubs have always wanted to play only among themselves, increasing their revenues, but perhaps they do not realise that by doing so, some would become small clubs compared to the biggest of the big...
Very true! Football history keeps repeating itself. Big clubs chase more money and exclusivity, but in the long run this risks damaging the balance of the sport itself. Without smaller teams, the game loses its essence and unpredictability.