"Il mistero delle meringhe." L'Epilogo.
I Capitoli precedenti:
Capitolo 1: L'Enigmista
Capitolo 2: Verso il museo
Capitolo 3: La sala dell'Ambra
Capitolo 4: Una nuova pista
Capitolo 5: Il numero cento!
Capitolo 6: I due capannoni
L'Epilogo
Il Viaggiatore notturno.
Guardava il sole quasi tramontato dietro alla pista di rullaggio, erano gli ultimi minuti del giorno poi si sarebbe fatto buio. Un enorme aereo la fissava col suo grande muso al di là del vetro e Pam non poteva che essere euforica: finalmente si era convinto!
Quel giorno era tornato a casa e le aveva detto sorridendo che era arrivato il momento di preparare i bagagli e che la sera stessa sarebbero partiti!
Lei aveva sgranato gli occhi, non aveva fatto nessuna domanda...(fosse stato mai che avesse cambiato idea!) era salita, e si era preparata.
L'aveva tormentato per anni affinché la portasse a vedere il paese da cui lui proveniva, pieno di splendidi posti, musei, chiese e anche buon cibo... che le facesse conoscere almeno parte della sua famiglia. Ormai erano tanti anni che stavano insieme, ma fino ad ora era sempre voluto partire solo. Ora sembrava arrivato anche il suo momento.
Sapeva che sarebbe arrivato in realtà... Le aveva fatto fare il passaporto già qualche mese prima e detto di tenersi pronta perché poteva succedere in qualsiasi momento.
Avrebbe finalmente conosciuto La Signora Franca Gemma e avrebbe assaggiato i suoi manicaretti tanto decantati dal figlio.
Del padre di lui, invece, non aveva saputo molto, se non che proveniva da una famiglia importante e che era stato arrestato poco prima che partisse...
Da quello che Pam aveva intuito, madre e figlio dovevano esser stati vittime di maltrattamenti, ma essendo lui una persona ben disposta al dialogo e non avendo mai parlato di questo, aveva sempre preferito non chiedere nulla sull'argomento.
Solo una volta si era lasciato sfuggire che, pur dispiacendosi perché la madre avesse voluto restare in Italia, era grato a suo nonno paterno per averlo allontanato da quel posto e portato lontano, e che, solo per quest'ultimo, aveva scelto di mantenere sui documenti italiani il nobile cognome di famiglia, anche se a tutti si era sempre presentato solo con quello della madre.
In effetti, ora che ci stava riflettendo, nemmeno lei era a conoscenza dell'altro suo cognome...
Guardò l'orologio del terminal, mancava meno di un'ora all'imbarco per l'Italia.
Si voltò verso di lui. Era ancora seduto, assorto in quelle noiosissime parole crociate. Sempre le parole...
Non capiva perché una mente tanto brillante avesse abbandonato l'accademia e rinunciato ad una sicura carriera come detective in polizia per dedicarsi alla pubblicità...
Certo i benefici non erano mancati... Era molto bravo nel suo lavoro e tante aziende gli regalavano i prodotti sperando che lui si decidesse a lavorare ai loro cartelloni pubblicitari.
Si erano arredati casa in quella maniera, e lei aveva ottenuto trucchi, gioielli e anche l'ultimo profumo appena uscito, indirizzando spesso il compagno verso ciò che le piaceva di più.
Certo era un uomo impegnato, doveva partire spesso, la salutava la sera, e rientrava nel pomeriggio del giorno seguente.
Amava volare di notte. Diceva che lo aiutava a pensare, ed anche se poteva sembrare una vita faticosa, lui sembrava felice, quindi perché non avrebbe dovuto esserlo lei?
"Dai, smettila con le parole crociate e adiamo a vedere qualche negozio... ormai manca poco... Avrai tutto il viaggio per fare i tuoi giochini...Mi hai detto che tanto quando voli la notte non dormi mai giusto? Io dormirò benissimo invece..."
Mostrò la lingua dispettosamente.
Lui alzò lo sguardo e le sorrise. Gli piaceva quel suo modo di fare bambinesco. Chiuse lentamente il giornaletto guardò il suo orologio, prese il bagaglio e si alzò muovendosi verso di lei...
"Va bene! Va bene amore... Cosa vuoi vedere di bello?"
Faccia a faccia
Ormai era quasi la mattina del giorno seguente, e finalmente era riuscito a lasciare gli studi televisivi.
Non era riuscito a liberarsi prima...
Mentre si dirigeva con il primo degli autobus diurni, in via della Pastorella, Jefferson pensò che lasciare la propria macchina ad Ennio, ed unire le sue indagini a quelle della polizia non si era rivelata la migliore delle idee.
Il ritrovamento dei due ragazzi e il loro stato di salute era diventato la cosa più urgente per il commissario, e, di fatto, aveva impedito a lui di proseguire la ricerca dell'Enigmista, o di ottenere ulteriori informazioni riguardo al ritrovamento della statua di cera.
Solo quando fu permesso alla stampa di entrare e fare domande, riuscì finalmente a sapere di chi fosse il corpo raffigurato nella statua, e stavolta non rimase tanto sorpreso dallo scoprire che si trattasse di un personaggio che durante le indagini era già ritornato più volte: il Conte Ristizzani.
Quando giunse nel distretto della Campagnola, Michael guardò l'ora. Mancavano pochi minuti all'apertura del museo, ma sapeva di essere in ritardo. Sicuramente se l'Enigmista fosse passato da lì, già aveva lasciato la zona. Avrebbe trovato l'ennesimo indizio e stavolta ad aiutarlo non c'era nessuno.
Ripercorreva con la mente i passaggi che lo avevano portato lì, cercando di capire se gli fosse sfuggito qualche dettaglio importante e, nel fare questo, si rese conto che non era stata la più brillante delle sue indagini e che l'acerrimo rivale era stato sempre un passo avanti a lui.
Brest e addirittura l'amico Ennio avevano avuto intuizioni migliori delle sue e questo fatto proprio non gli andava a genio.
Per un attimo i suoi pensieri abbandonarono l'indagine e si spostarono su Ennio. Si domandò se l'amico avesse già ascoltato i tg della mattina e avesse saputo le novità.
L'aveva provato a contattare nella notte per farsi venire a prendere agli studi, ma il cellulare era spento, e dopo averlo obbligato alla sveglia mattutina del giorno precedente, gli era sembrato giusto concedergli un po' di tregua e qualche ora di sonno.
Quando fu in via della Pastorella, non riconobbe subito il museo in mezzo a tutte quelle villette molto simili, e fu costretto a guardare i numeri civici fino a raggiungere il numero 29.
La via gli sembrava molto diversa da quella vista il giorno precedente. Il vociare ed Il viavai di poliziotti e di giornalisti accalcati era scomparso, sostituito dal silenzio di una tranquilla via di periferia, con poche macchine parcheggiate, ed una ragazza che portava a spasso il suo cane.
Aprì la porta e con l'attenzione rivolta subito alle statue superò il cartello pubblicitario posto all'entrata, quando si accorse che una voce si stava rivolgendo a lui e si voltò.
"Mi scusi signore? Signore? Dove va? Deve prima fare il biglietto..."
Sorrise alla ragazza che gli si era avvicinata e si scusò prendendo il portafogli.
Mentre pagava chiese se sapeva quale fosse il numero della statua del conte Ristizzani, e lei rispose con una domanda:
"E' venuto per vedere la nuova statua del conte?"
Il suo interlocutore sembrò turbato, così la ragazza prese uno dei depliant del museo e glielo mostrò indicando, in foto la statua che lui aveva visto poche ore prime agli studi.
"Se è venuto per quella storica, purtroppo non si trova più al museo. La famiglia ha chiesto che fosse rimossa qualche mese fa, e sostituita con una diversa. Venga con me, le faccio vedere... è la numero 29!"
Quando arrivarono davanti alla statua Jefferson capì di trovarsi faccia a faccia con l'Enigmista.
Questioni d'identità
Foto di Sarah Passos da Pixabay
Non vedeva l'ora di riabbracciarla.
Erano atterrati da qualche minuto a Torino, avrebbero ripreso i bagagli a breve e poi si sarebbero diretti al paese della mamma, Castello Spinola, un piccolo borgo al confine tra Piemonte e Liguria.
Aveva quasi finito le sue parole crociate. mancava solo il 71 orizzontale. Gli venne da sorridere notando che tra i tanti incroci c'era pure il 29 verticale. Se l'era lasciato per ultimo quasi per assaporare nuovamente la sua vittoria. Aveva scelto di rivelarsi e sapeva che da quel momento in poi tutto sarebbe stato diverso e avrebbe dovuto alzare la posta in palio, ma l'ennesimo round del suo perverso gioco l'aveva portato dalla sua parte.
Pam si era spostata nella lunga fila del controllo passaporti per gli extracomunitari, mentre lui era ormai arrivato con la sua carta d'identità italiana, davanti al poliziotto addetto al controllo documenti per i comunitari.
"Buongiorno, il documento prego"
Il poliziotto alzò lo sguardo e vide lo stesso volto che a chilometri di distanza stavano guardando in quello stesso istante, sulla statua davanti a loro, Jefferson e la venditrice di biglietti del museo delle cere.
Anche il nome sul documento e sulla targa coincidevano.
Ennio Gemma Ristizzani
Ma solo Jefferson aveva potuto capire chi nascondeva la vera natura di quel nome.
ENnIo GeMma rISTizzAni
😂👍 grande
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