A Rimini furono affissi dei manifesti a lutto, in cui si diceva:[20]
«Nel momento della distruzione di Isola delle Rose, gli Operatori Economici della Costa Romagnola si associano allo sdegno dei marittimi, degli albergatori e dei lavoratori tutti della Riviera Adriatica condannando l'atto di quanti, incapaci di valide soluzioni dei problemi di fondo, hanno cercato di distrarre l'attenzione del Popolo Italiano con la rovina di una solida utile ed indovinata opera turistica. Gli abitanti della Costa Romagnola.»
Avessero ammazzato un familiare». Mai pensato, però, di ricorrere a una difesa armata. «Ma no! Avevo contro uno Stato!» diceva. Uno Stato vero.
Nel film si ripercorre i tentativi di resistere, il ricorso all’Europa, ma anche i tentativi sotterranei di far desistere Rosa e i suoi con offerte di concessioni e altre azioni poco nobili. Un lato oscuro di una grande e bella storia, forse troppo grande per un solo uomo. Che all’inizio, era stata soprattutto un’idea commerciale. «Stava partendo la stagione del turismo. Poteva funzionare. E magari ne avremmo costruite altre» raccontava Rosa. Poi, però, agli ennesimi bastoni nelle ruote, alla burocrazia «che non ti faceva fare nulla, che ti chiedeva documenti, atti, bolli; che ti frenava», prende forma il moto di ribellione, la voglia di libertà. Ah sì? Allora io mi faccio uno Stato da me! la reazione dell’ingegnere.
Uno Stato indipendente e sovrano, un’utopia amara, un «peccato d’ingenuità» come diceva lui. Che poi, come libero professionista, in fondo se l’era cavata. Diceva che costruire l’isola era costato circa 30 milioni di lire e che lui, come libero professionista, se l’era ben rifatti nel corso della vita, perché quel sogno gli aveva portato clienti. Forse è stata parte della sua rivincita. La restante è che dell’Isola delle Rose, anche se lui non c’è più, se ne continua a parlare. L’idea vive.