Il curioso caso degli sport azzurri: volano tutti, tranne uno - The curious case of Italian sports: all fly high, except one
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Tra ori mondiali e trionfi storici, lo sport italiano sta attraversando un periodo di grande splendore. Ma c’è una disciplina che, tra scandali e immobilismo, sta lentamente crollando a picco. Proprio quella più seguita e nella quale, fino a poco tempo fa, eccellevamo.
Poche ore fa, sul parquet della SM Mall of Asia Arena di Pasay City, nelle Filippine, l'Italia del volley maschile, guidata dal grande Fefè De Giorgi, si è laureata campione del mondo per la seconda volta di fila, superando in finale la Bulgaria con il punteggio di 3-1.
Il titolo fa il paio con quello vinto dalle ragazze della pallavolo azzurra una ventina di giorni fa e, allargando il discorso anche ad un'altra disciplina molto seguita, con il successo dell'Italia del tennis femminile nella Billie Jean Cup, portata a casa la settimana scorsa contro le colleghe statunitensi.
E se si considerano le due Coppe Davis consecutive vinte in campo maschile, nonché i recenti successi ottenuti anche nel nuoto, nell'atletica e nel ciclismo, con lo straordinario Lorenzo Finn capace di laurearsi campione del Mondo in linea per due anni consecutivi (prima nella categoria juniores e poi Under 23), si può tranquillamente affermare che lo sport azzurro sta vivendo un periodo di splendore con pochi precedenti.
Ovunque c'è un azzurro in gara, c'è da aspettarsi una medaglia o quanto meno una prestazione brillante. Ovunque, tranne che nel calcio. Già, perché proprio lo sport principe e più seguito del Paese, nel quale vengono investiti ogni anno centinaia di milioni di euro, appare in decisa controtendenza, avendo raggiunto uno dei livelli più bassi della sua storia.
A livello di club, eccetto qualche exploit destinato inevitabilmente a schiantarsi contro il muro quando le cose si fanno serie (vedasi le due finali di Champions League perse recentemente dall'Inter), le rappresentanti della Serie A appaiono sovente poco competitive rispetto alla concorrenza europea e, quando il discorso si sposta sulla nazionale, il quadro diventa addirittura catastrofico.
Due Mondiali saltati e un Europeo giocato da comprimari persino nei confronti di nazionali di seconda e terza fascia, non sono bastati alla governance del pallone tricolore per decidere di intraprendere quelle fantomatiche riforme di cui si blatera ormai da anni.
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Anzi, il sistema si è accartocciato su sé stesso, provvedendo innanzitutto alla conservazione dello status quo e alla protezione degli degli "amici" a qualunque costo, anche quello di sfasciare tutto, con contemporaneo affossamento di quei club (in primis la Juventus) che fungevano da traino per tutti.
Nelle altre federazioni sportive italiane la competizione tra i club o singoli è libera e regolata solo da criteri di merito. Questo porta inevitabilmente all'aumento della competitività, alla crescita del pubblico e alla diffusione dello sport tra le fasce giovanili della popolazione.
Nel calcio invece si assiste ormai da anni e vere e proprie falsificazioni sportive, portate avanti a garanzia degli accordi presi sottobanco tra i vari membri dell'apparato, con fatti identici trattati usando pesi e misure diametralmente opposti, sia sul campo che fuori, a seconda del colore della maglia dei protagonisti.
A destra, in maglia bianca, il difensore dell'Inter, Francesco Acerbi, non squalificato nonostante le offese razziste rivolte al collega Juan Jesus. Werner100359, CC BY-SA 4.0, da Wikimedia Commons
Il risultato è la disaffezione graduale dei giovani non verso il mondo del calcio in generale, come testimoniato dai risultati delle nazionali giovanili, dai tornei alternativi nati negli ultimi tempi e dai progetti venuti fuori dalla rete per un calcio pulito e rispettoso, come quello della Zeta Milano, ma nei confronti di questo tipo di professionismo, percepito come corrotto e poco trasparente.
E se anche i vecchi appassionati come il sottoscritto, sconsigliano vivamente ai loro figli di buttarsi sul gioco con la palla più famoso del Mondo, per preferire altri tipi di sport con meno pressioni e un orientamento maggiore alla vera cultura sportiva, significa che il sistema è arrivato ad uno dei punti più bassi della storia.
La nazionale di calcio tornerà un giorno a farci vivere le emozioni regalate nell'ultimo periodo dagli altri sport? Lo speriamo tutti, ma aspettiamoci che tutto ciò risulti impossibile fin quando nell'ambiente non venga effettuato un deciso repulisti.
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