Una nuova speranza per i malati di Alzheimer - New hope for Alzheimer's patients [MULTILANGUAGE]
Immagine realizzata con Freepik Pikaso AI Image Generator

LA CHIAVE NEL LITIO |
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Un po' di storia
E' il 26 novembre 1901. Presso la clinica Kraepelin di Monaco di Baviera, nella quale lavora da alcuni mesi, lo psichiatra tedesco Aloysius Alzheimer si occupa di una paziente appena giunta, accompagnata dal marito, la cinquantunenne Augusta Deter.
Augusta Deter, immagine di pubblico dominio
Fisicamente la donna sembra in buona forma, ma al dottore bastano poche e semplici domande per comprendere come qualcosa non quadri: Augusta non ricorda il suo nome, né quello della persona che ha accanto o degli altri familiari e nel raccontare alcuni episodi della sua vita spesso si interrompe, perdendo il filo e mostrando un evidente difficoltà nel linguaggio.
Alzheimer scarta l'ipotesi demenza senile, vista l'età ancora relativamente giovane della paziente e la fa ricoverare presso la clinica. La segue quotidianamente in modo compassionevole, senza tuttavia la possibilità di aiutarla in maniera significativa, fino al giorno del decesso, avvenuto quattro anni e mezzo più tardi.
Dopo la sua morte, il medico riceve l'autorizzazione per studiarne il cervello ed è lì che scopre il primo caso documentato della storia di una nuova malattia, che prenderà proprio il nome di morbo di Alzheimer.
Che cos'è il morbo di Alzheimer?
Differenza tra il cervello di una persona sana (a sinistra) e di un malato di Alzheimer. Immagine di pubblico dominio
Si tratta di una malattia neurodegenerativa che colpisce il cervello, una delle forme più comuni di demenza, nella quale le capacità cognitive e mnemoniche si riducono in maniera progressiva, rendendo sempre più difficile occuparsi delle cose di tutti i giorni.
Con il progredire dei sintomi, gli ammalati perdono la capacità di ricordare eventi, anche se avvenuti entro un breve lasso temporale, sperimentano difficoltà nel linguaggio e nella coordinazione e arrivano a modificare il pensiero e il comportamento, andando incontro sempre più frequentemente a stati d'ansia e depressione.
Quali sono le cause?
Nel cervello dei malato di Alzheimer è possibile scorgere alcuni problemi ricorrenti. Il collegamento tra neuroni è ostacolato dalla formazione di alcune placche proteiche (placche amiloidi), che non permettono una "comunicazione" fluida.
Formazione di placche amiloidi nel cervello di un malato di Alzheimer. User:KGH, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
Inoltre la proteina tau, chiamata a trasportare le sostanze necessarie al corretto "dialogo" tra un neurone e l'altro, tende ad aggrovigliarsi su sé stessa, rendendone difficile la sopravvivenza.
Si stima che nel mondo ci siano attualmente circa 50 milioni di malati di Alzheimer, ma che il numero sia destinato ad aumentare progressivamente nei prossimi trent'anni. I motivi scatenanti non sono ancora stati scoperti, ma si sospetta che fattori genetici, oltre a patologie correlate, come ipertensione e diabete, possano favorire l'insorgenza dei sintomi.
Cura e prevenzione
Ad oggi non esiste una cura definitiva per l'Alzehimer sebbene alcuni farmaci abbiano dimostrato di poterne rallentare il decorso. In particolar modo gli anticorpi monoclonali, come Lecanemab, Donanemab o Aducanumab, si sono rivelati utili nell'eliminazione delle placche amiloidi e nel rallentamento dei sintomi.
Sebbene non siano ancora stati scoperti metodi efficaci al 100% per prevenire la malattia, si è notato che alcune attività, come la lettura, la socializzazione e i giochi riflessivi, quali scacchi, giochi di carte e persino i videogiochi, possono aiutare a rallentare l'invecchiamento del cervello.
Ma la cosa più importante è che, dopo una lunghissima ricerca, una nuova speranza per i malati di Alzheimer sembra giungere dalla prestigiosa Università di Harvard.
La scoperta di Harvard
Dopo dieci anni di esperimenti sui topi e di analisi di tessuti cerebrali e campioni di sangue prelevati dai malati, i ricercatori di Harvard sembrano aver scoperto una nuova sorprendente chiave di lettura: la carenza di litio nel cervello potrebbe essere la causa scatenante dell'Alzheimer.
Il litio è infatti presente in maniera naturale nel nostro cervello e svolge un'importantissima funzione protettiva contro la neuro-degenerazione. Quando viene a mancare, l'azione ostativa alla formazione delle placche amiloidi viene meno, ma nello studio, pubblicato su Nature, si è scoperto che reintroducendolo all'interno del cervello dei topi si è potuto riscontrare una inversione dei danni cerebrali e, in alcune occasioni, persino un prodigioso recupero della memoria.
Naturalmente il tutto dovrà essere confermato da studi clinici sull'uomo, ma per bocca dello stesso dottor Bruce Yankner, autore senior dello studio, nessuna ricerca precedente ha prodotto risultati così incoraggianti. Le aspettative di trovare presto una cura all'Alzheimer sono oggi, per la prima volta, molto alte.
❗ N.B. - Le informazioni riportate hanno solo scopo divulgativo e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Se sospetti sintomi legati all’Alzheimer o ad altre patologie, non prendere decisioni autonome: rivolgiti sempre al tuo medico di fiducia per una valutazione accurata.
LINK UTILI
Could lithium explain — and treat — Alzheimer’s?, Harvard Gazette
New hope for Alzheimer’s: lithium supplement reverses memory loss in mice, Nature
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