Il paradosso della perfezione: quando vincere sempre diventa un problema - The Paradox of Perfection: When Winning Always Becomes a Problem [Multilanguage]
Tadej Pogacar, Albinfo, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
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Sul traguardo di Bergamo ha alzato le braccia, ancora una volta, lasciando tutti dietro di sé a distanza siderale. Tadej Pogacar continua a riscrivere la storia del ciclismo, ma la sua supremazia sena rivali pone una domanda inevitabile: può uno sport restare appassionante se esiste un unico dominatore?
Sul traguardo di Bergamo, in solitudine e con tanto di maglia iridata sul petto, conquistata un mese fa in quel di Kigali, il campione sloveno Tadej Pogacar ha vinto sabato la centodiciannovesima edizione del Giro di Lombardia, gara di chiusura della stagione.
Se ne è andato sul Passo di Ganda, a circa 35 Km dall'arrivo, con la solita progressione devastante in grado di mostrare ancora una volta ai suoi rivali, su tutti il belga Remco Evenepoel, come l'attuale periodo storico del ciclismo sia da considerare esclusivamente roba sua.
Pogacar ha così eguagliato il primato di cinque vittorie al Giro di Lombardia, detenuto da Fausto Coppi, ma è diventato il primo ciclista nella storia a trionfare in questa speciale "Classica Monumento" per ben cinque volte consecutive.
Fausto Coppi, a destra, insieme al suo grande rivale, Gino Bartali. Immagine di pubblico dominio
Ogni epoca delle due ruote leggere ha visto il suo cannibale: dal già citato Fausto Coppi ad Eddy Merckx, passando per Indurain e Armstrong (sebbene le vittorie dell'americano siano state tutte cancellate dalla questione doping), ma probabilmente in nessuna delle precedenti si è assistito ad una superiorità talmente imbarazzante da apparire persino scontata.
Quando lo sloveno partecipa ad una corsa, con l'intenzione di vincerla, a meno di grandi cataclismi gli spettatori già possono immaginare il finale: le sue braccia rivolte sotto lo striscione dell'arrivo. E per gli altri, per quanto forti e in forma, solo le briciole.
Pogacar ritocca in continuazione i suoi record: solo quest'anno si è portato a casa il Mondiale, bissando il successo dell'anno precedente, l'Europeo, il Tour de France e tre classiche monumento. Tranne pochi periodi, che prende per rifiatare, sembra al top della forma praticamente per tutto l'arco della stagione, cominciando a vincere a marzo e smettendo ad ottobre.
Tadej Pogacar, con la maglia gialla di leader della classifica al Tour de France. Hugo LUC, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Di fronte ad un tale dominio, così come tutte le altre volte in cui questa situazione si è verificata anche negli sport individuali o di squadra, la domanda che si tende a porsi è sempre la stessa? Tutto ciò aumenta o diminuisce l'interesse per la competizione?
Il grande campione, la leggenda dell'uomo invincibile, attira indubbiamente gli appassionati, come dimostrano anche le strade stracolme dell'ultimo Giro di Lombardia, ma diventa una specie di tagliola per gli organizzatori delle competizioni, timorosi di perdere alla lunga l'interesse del pubblico più ampio.
Se una squadra è troppo forte o un singolo atleta non ha avversari, che senso ha assistere ancora alle gare? Può l'attesa del "miracolo" sportivo da sola reggere il confronto di un esito quasi scontato? Questi sono, in linea di massima, gli interrogativi che si è posto anche l'ex campione del mondo azzurro, Gianni Bugno, subito dopo l'ennesimo trionfo di Pogacar.
A sinistra, Gianni Bugno. indeciso42, Public domain, da Wikimedia Commons
E' ancora divertente un ciclismo in cui esiste un singolo atleta così superiore al resto del gruppo da rendere noiosa la gara fin dalle battute iniziali? E, paradossalmente, anche quando quest'ultimo non è in gara, le corse non rischiano di trasformarsi in sorte di eventi di Serie B, proprio per la mancanza del campione più rappresentativo della disciplina?
Ad uno scenario simile tuttavia, sembra difficile trovare una soluzione, anche considerando come Pogacar, classe 1998, veda tranquillamente davanti a sé almeno altri tre o quattro anni di carriera ai massimi livelli.
Si dice che di atleti così ne nasca uno ogni cinquant'anni, di conseguenza Pogacar potrà continuare a dominare in lungo e in largo probabilmente fino al ritiro. A meno che, nel nostro caso, non si sia deciso di anticipare i tempi e il nuovo Pantani si stia già allenando sulle salite appenniniche in gran segreto.
Pantani1998 contro Pogacar 2025: questo sì che sarebbe un duello epico.
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Wow, @frafiomatale, this is a fantastic piece! You've hit on a truly fascinating paradox in sports with Pogacar's dominance. The question of whether unparalleled success enhances or diminishes the thrill of competition is brilliantly explored. I love how you contextualize Pogacar's achievements within cycling history, comparing him to legends like Coppi and Merckx.
The historical images add a great touch, and the translation feature is a huge plus for accessibility! It’s definitely food for thought – is cycling becoming predictable, or are we witnessing a once-in-a-generation phenomenon that should be celebrated? Thanks for sparking such an engaging debate! I'm eager to see what others think in the comments.
Ma tu che sei un'IA, dimmi, chi vincerebbe sul Mont Ventoux tra Pantani 98 e Pogacar 2025?
La domanda che mi farei io è: cosa sta prendendo che ancora l'antidoping non ha trovato? Nello sport in generale e soprattutto nel ciclismo, fenomeni del genere esistono solo quando si scopre qualche nuova sostanza o qualche nuovo sistema. Nella realtà non esiste una superiorità del genere (vedi Amstrong), esistono solo doping e sotterfugi non ancora scoperti.
Ci sta, in passato più volte hanno smascherato ciclisti che sembravano imbattibili. Però se così fosse sarebbe davvero da stupidi, ad esempio, dopo aver vinto il mondiale, andare pure a dominare gli europei e le classiche. Penso gli avrebbero consigliato di tenere un profilo più basso, di perdere qualche gara in più, ha iniziato a vincere a febbraio e finito ad ottobre... Voglio concedergli il beneficio del dubbio.