Un italiano "caccia" il colosso Carrefour e conferma i segnali di ripresa - An Italian ‘overtakes’ the giant Carrefour and confirms signs of recovery [MULTILANGUAGE]
Cristian1989, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

INVERSIONE DI TENDENZA IN ATTO |
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Nel film "Chiedimi se sono felice", diretto da Massimo Venier ed interpretato dal trio Aldo, Giovanni e Giacomo, è rimasta celebre, tra le altre, una scena nella quale il simpatico ragazzo di origini siciliane cerca di istruire Giacomino sui modi corretti di rapportarsi con il gentil sesso, basando il suo "credo" sul testo della canzone Teorema di Marco Ferradini.
Probabilmente quasi tutti si ricordano della frustrazione di Aldo di fronte alle difficoltà dell'amico nel mandare a memoria le parole e i concetti della canzone, così come dell'ossessione di Giovanni per le "500 lire nel carrello", ma forse in pochi si sono accorti che quella scena è stata girata all'interno di un supermercato GS, marchio scomparso in Italia dal 2010.
**Da destra a sinistra, Aldo, Giovanni e Giacomo. Immagine di pubblico dominio
Proprio in quell'anno infatti la grande catena di supermercati francese Carrefour acquistò il pacchetto totale delle azioni del Gruppo GS, trasformando gradualmente tutti i punti vendita più piccoli in Carrefour Express e gli altri, a seconda delle dimensioni, in Carrefour Market o Ipermercati Carrefour.
La storia passò quasi inosservata, assorbita nell'immenso calderone dei grandi marchi italiani finiti in mani straniere, ma in essa, dopo quindici anni, si stanno clamorosamente manifestando i segnali più evidenti di un'inversione di tendenza.
Qualche settimana fa, con un annuncio piuttosto sorprendente, la stessa Carrefour aveva reso nota l'intenzione di abbandonare il mercato italiano, ritenuto troppo complicato e non più in grado di garantire l'utile necessario per mantenere l'operatività e gli alti standard ritenuti imprescindibili dal gruppo francese.
La strada delle concessioni ai privati, che aveva portato circa tre quarti dei punti vendita del nostro territorio ad essere controllati in franchising, non è evidentemente bastata e il continuo calo nel fatturato, che si registra ormai dal 2022, ha fatto propendere Carrefour per una decisione drastica, la cessione degli oltre 1200 negozi ubicati in Italia.
Original: lyzadangerDerivative work: Diliff, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons
L'acquirente è il gruppo italiano NewPrinces, con sede a Reggio Emilia e di proprietà dell'imprenditore salernitano, Angelo Mastrolia, che già negli scorsi anni aveva dato l'avvio a questa inversione di tendenza riportando in Italia altri marchi storici come Buitoni, acquisita dalla Nestlé, Delverde, controllata dagli argentini di Molinos Rio de la Plata, o Plasmon, finita alla statunitense Kraft Heinz.
L'acquisizione dei punti vendita Carrefour costerà circa un miliardo di euro e secondo le stime permetterà alla NewPrinces di raddoppiare il proprio fatturato, pari a circa mezzo miliardo nel 2019 e giunto a toccare i 3,5 lo scorso anno, fino alla straordinaria cifra di sette miliardi di euro.
Dobbiamo quindi prepararci a veder scomparire il famoso marchio transalpino dalle nostre strade? Sì, ma non subito, dato che l'accordo prevede la progressiva dismissione nell'arco dei prossimi tre anni. Tuttavia, il lato più romantico dell'intera vicenda rimane un altro, dato che a rimpiazzarlo toccherà proprio dallo storico logo dei Supermercati GS.
Negozio Versace, Marek Śliwecki, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Sembra infatti che lo stesso Mastrolia abbia preso la decisione di riportare in auge un marchio presente per decenni nelle vite delle famiglie italiane, confermando simbolicamente nel contempo la rivincita dell'industria tricolore, finalmente non più solo depredata ma ora in grado anche di riappropriarsi di alcuni dei propri gioielli.
Da qualche mese infatti sono tornati di proprietà italiana altri storici marchi, come Versace, dal 2018 nelle mani americane di Michael Kors e ad aprile acquisito dalla famiglia Prada, ma anche Campari, ora controllata dalla famiglia Caffo (quella dell'Amaro del Capo) e Santa Rosa, strappata dalla Valsoia ai britannici di Unilever.
Un trend, quello delle riacquisizioni, in forte crescita e che potrebbe portare nei prossimi mesi ad altri ritorni storici, soprattutto se, come richiesto a gran voce dall'organizzazione rappresentativa Unimpresa, il governo realizzerà finalmente una legge che agevoli il riacquisto da parte di imprenditori italiani degli storici marchi finiti in mani estere.
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Ma effettivamente, data la storica antipatia dei governi di sinistra nei confronti dell'imprenditoria (imprenditore = nemico pubblico n.1 da distruggere), nulla da sbalodirsi se i marchi italiani finivano uno dopo l'altro in pasto all'estero.
Vero, ma anche la crisi del gas ha fatto la sua parte. In particolar modo al nord Europa, che viveva su quello russo e che ora, chiusi i rubinetti (in tutti i sensi) sono costretti a comprare altrove, a prezzi triplicati.
L'Europa del Sud si sta parzialmente salvando grazie agli accordi con l'Africa e ora magicamente fare impresa in Italia sta tornando ad essere più conveniente che in Germania o in Francia.
Poi ci sono gli Orban di turno, che non ci pensano affatto a suicidarsi (e infatti continuano ad avere rapporti con la Russia come prima) e finiscono nell'occhio del ciclone, descritti come dittatori, pazzi, forcaioli etc...