Mourinho e l'ipnosi collettiva

Esistono alcuni allenatori, delle cosiddette "grandi squadre", che proprio non hanno iniziato bene la stagione, tra difficoltà in campionato e prestazioni europee tutt'altro che esaltanti. Sedere sulla panchina di uno dei top club è il sogno di molti, ma, come tale, anche circostanza in grado di attirare invidie, sguardi attenti e super-critici, specialmente quando le cose non dovessero andare nella maniera sperata.

L'attuale guida tecnica della Juventus, Massimiliano Allegri da Livorno, è forse l'esempio più calzante di come un allenatore impreparato possa combinare danni a ripetizione in un organico di livello, ma anche Simone Inzaghi, titolare della panchina dell'Inter, dopo aver perso l'anno scorso uno scudetto con la rosa più forte della Serie A, sembrerebbe ben indirizzato nel ripetere una stagione ancora più deludente.

Guidare una bella fuoriserie farebbe piacere a tutti, ma senza possedere le dovute capacità alla conduzione del mezzo può rivelarsi un affare poco conveniente. In altre parole, l'allenatore di una grande squadra che vince, ha compiuto nell'immaginario collettivo solo il proprio dovere, il minimo sindacale richiesto; viceversa, qualora dovesse concludere a bocca asciutta, finirebbe inevitabilmente nel vortice delle critiche.

_{Massimiliano Allegri, photo by All-Pro Reels from District of Columbia, USA, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons}

E' un gioco vecchio quanto il mondo, ed una parte dei lauti stipendi percepiti dai vari condottieri suppongo serva anche per sopportare meglio lo stress di potenziali prime pagine poco favorevoli. Nel tritacarne mediatico sono terminati diversi fuoriclasse della panchina, come Trapattoni, Capello, Lippi e Sacchi, indipendentemente da quanto avessero raccolto in altri periodi della carriera, figuriamoci se la stessa cosa non possa capitare ai Pirlo e agli Inzaghi.

Eppure non sempre tutto va nella maniera aspettata. Prendete, ad esempio, un allenatore di fama internazionale, ed immaginatelo, come logico, alla guida di uno dei grandi club del nostro calcio. Dopo un primo anno in chiaroscuro, nel quale la squadra è terminata sesta in campionato, anche nella nuova stagione, nonostante gli ottimi interventi sul mercato che hanno rinforzato la rosa, le cose non sembrano migliorare.

Per di più, dopo le partite d'andata di un girone di Europa League tutt'altro che irresistibile, la squadra si ritrova in terza posizione, alle spalle persino dei bulgari del Ludogorets, dopo aver perso due partite su tre. Questo allenatore dovrebbe, a rigor di logica, essere massacrato dalla critica per lo scarso rendimento della propria creatura, ma al contrario appare, quasi per dogma di fede, immune da ogni critica.

Tutto ciò può accadere in due casi: se stiamo assistendo ad una delle tante pellicole divertenti a tema calcistico, prodotte dal cinema italiano nel periodo d'oro degli anni '80 (ad esempio il mitico "L'allenatore nel pallone", interpretato da un magistrale Lino Banfi), o se il soggetto delle nostre attenzioni coincide con l'attuale tecnico giallorosso, José Mourinho.

In Inghilterra lo Special One viene considerato uno dei tanti, forse persino un po' sotto la media, come testimoniano gli esoneri a ripetizione subiti negli ultimi dieci anni, ma in Italia le cose si presentano in maniera totalmente diversa. Da noi, probabilmente anche a causa del arcinoto triplete nerazzurro del 2010, esiste una sorta di allucinazione collettiva nei confronti del portoghese, che ci spinge a considerare quasi a livello di libro sacro ogni sua esternazione e a ritenerlo, indipendentemente dai risultati, il tecnico migliore del mondo.

Mourinho non riceve critiche, ma solo elogi, anche nelle situazioni peggiori. Se la sua squadra prende sei goal da una banda di semi-dilettanti norvegesi, ad esempio, non ci si sofferma sul risultato sportivo, preferendo sottolinearne il carisma e le parole forti pronunciate in conferenza stampa. Dall'altra parte, ogni vittoria, anche se ottenuta per il rotto della cuffia o al termine di un percorso di difficoltà tutt'altro che elevata, viene celebrata come un capolavoro degno dei migliori strateghi.

Impossibile non ricordare tutti gli straordinari successi ottenuti dall'attuale allenatore della Roma in carriera, ma allo stesso tempo, aprendo gli occhi e risvegliandosi dall'incantesimo, anche non notare come lo stesso rappresenti un tecnico fermo nella propria crescita professionale da ormai almeno un decennio.

Se Mourinho sapeva una volta trasformare il brutto anatroccolo in un cigno, ora è più facile che gli riesca il contrario, ma per l'Italia sportiva il portoghese sarà sempre quello del gesto delle manette o della coppa alzata nel cielo di Madrid, un mito dotato di quella sana dose di "anti poteri forti" che tanto piace ad una buona parte dei tifosi italiani. Tenetevelo, anzi teniamocelo, dato che fin quando rimane da noi di sicuro ci sarà un'avversaria in meno.

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